Un tragico episodio ha sconvolto la comunità del carcere di Secondigliano a Napoli: un agente di polizia penitenziaria di 59 anni si è tolto la vita sparandosi con la pistola di ordinanza nel parcheggio dell’istituto. L’uomo, che avrebbe dovuto iniziare il turno alle 12, lascia la moglie e due figli. Le autorità e i colleghi stanno cercando di ricostruire le cause di questo gesto estremo.
Il dramma nel carcere di Secondigliano: cosa è successo
La tragedia si è consumata nella mattinata all’esterno del carcere di Secondigliano, uno dei poli penitenziari più grandi di Napoli. L’agente, con quasi sessant’anni alle spalle e una lunga carriera da poliziotto penitenziario, è stato trovato morto nel parcheggio, colpito da un colpo d’arma da fuoco. La pistola utilizzata era la sua arma di ordinanza. Doveva iniziare il turno alle 12, ma non si è mai presentato in servizio.
Le autorità hanno subito avviato le indagini per chiarire le circostanze esatte dell’accaduto. Testimoni sono stati ascoltati, ma non è ancora chiaro cosa possa aver spinto l’agente a compiere un gesto simile. Al momento non sono emerse segnalazioni di tensioni particolari o questioni personali evidenti. L’episodio ha gettato nello sconforto l’intero carcere e chi lo conosceva.
La reazione dei colleghi e del sindacato Uspp
Il sindacato Uspp, attraverso la voce del presidente Giuseppe Moretti e del segretario regionale Ciro Auricchio, ha espresso profondo dolore per la perdita dell’agente. Hanno sottolineato che il poliziotto era molto rispettato dai colleghi e dai superiori per la dedizione dimostrata negli anni di servizio. I rappresentanti sindacali si dicono sorpresi e incapaci di spiegare il motivo che ha portato a questo gesto, soprattutto considerando che l’uomo era prossimo alla pensione.
Moretti e Auricchio hanno aggiunto che il sindacato si sta adoperando per fornire supporto alla famiglia e ai colleghi, che stanno vivendo un momento difficile. La nota di cordoglio del sindacato vuole anche richiamare l’attenzione sulle condizioni di lavoro e sulla salute psicologica del personale penitenziario, spesso sottoposto a forti pressioni.
L’impatto sulla famiglia e sulla comunità del carcere
L’agente lascia la moglie e due figli, persone che ora affrontano un dolore profondo e inaspettato. La notizia ha avuto un forte impatto emotivo non solo sui parenti, ma anche sulla comunità lavorativa all’interno del carcere, molto unita e consapevole delle difficoltà affrontate quotidianamente.
Nel carcere di Secondigliano, dove il lavoro è spesso stressante e ricco di rischi, simili eventi riaccendono il dibattito sulla tutela del benessere psicologico delle forze dell’ordine. L’episodio ha fatto emergere la necessità di maggiori servizi di supporto psico-sociale per il personale, per prevenire tragedie di questo tipo.
Le indagini aperte e le possibili spiegazioni
Le autorità competenti stanno proseguendo con le indagini per definire le cause che hanno spinto l’agente al suicidio. Al momento non si registrano altri sospetti o risvolti di natura penale ma si sta raccogliendo ogni elemento utile: documenti, testimonianze, eventuali segnali precedenti.
Sempre più spesso si pone l’attenzione sui problemi di stress, solitudine e disagio psicologico legati a professioni come quella della polizia penitenziaria. L’episodio giunge in un contesto delicato, mentre si discute sull’importanza di garantire condizioni di lavoro più sostenibili e supporti dedicati, fattori ritenuti cruciali per la sicurezza e la salute mentale di chi opera nelle carceri.