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Il restauro integrale della sala di costantino nei musei vaticani: un tassello ritrovato della pittura rinascimentale

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La sala di Costantino, parte delle stanze di Raffaello nei Musei Vaticani, ha ripreso il suo aspetto originale dopo un recupero durato quasi un decennio. Quest’opera rappresenta una pagina importante dell’arte rinascimentale romana. Un luogo che racconta non solo le vicende artistiche di quel periodo, ma anche momenti cruciali della storia della chiesa cattolica e del papato, attraverso un ciclo di affreschi che abbraccia quasi tutto il XVI secolo.

La sala di costantino: affreschi e storia al centro della pittura rinascimentale

La sala deve il suo nome all’imperatore romano Costantino, colui che concesse la libertà di culto ai cristiani, evento centrale per la storia religiosa europea. Gli affreschi, realizzati in vari momenti, mostrano un susseguirsi di tecniche e stili che riflettono le fasi storiche e artistiche di Roma durante il Cinquecento. La decorazione iniziò sotto i pontificati medicei di Leone X e Clemente VII, che commissionarono opere a olio su muro firmate da Raffaello stesso. Questo primo strato comprende soggetti come la Comitas e la Iustitia, due allegorie che sottolineano valori morali e sociali importanti per l’epoca.

Successivamente, la bottega di Raffaello, guidata da Giulio Romano e Giovan Francesco Penni, aggiunse affreschi monumentali che abbelliscono le pareti con scene di impatto visivo e narrativo. Durante il pontificato di Paolo III Farnese, si verificarono nuovi interventi artistici, con Sebastiano del Piombo coinvolto nella decorazione. Il lavoro proseguì fino alla fine del secolo, quando Gregorio XIII e Sisto V ordinarono la decorazione della volta affidata a Tommaso Laureti. Laureti fece scuola con il Trionfo del cristianesimo sul paganesimo, che domina la volta e rappresenta la vittoria della fede cristiana in un grande impatto scenico.

I dettagli del restauro e le tecniche impiegate

Il restauro è partito nel marzo 2015 dalla parete est, quella con la scena della Visione della croce, uno dei momenti più significativi dell’intero ciclo. Il lavoro si è concluso in dicembre 2024, con il recupero integrale delle superfici pittoriche e la restituzione di molti dettagli perduti dal tempo. I restauratori hanno rimosso strati di sporco, vecchie vernici e depositi, riuscendo a riportare alla luce i colori originali.

Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, ha presentato il progetto insieme a Fabrizio Biferali, curatore dell’arte del 1400-1500, e ai restauratori Fabio Piacentini e Francesca Persegati. A fianco a loro, il responsabile del Gabinetto di Ricerche Scientifiche Fabio Morresi ha illustrato le analisi condotte. Le tecniche diagnostiche usate includono riflettografia nel vicino infrarosso a 1900 nanometri, fotografia in falsi colori e fluorescenza UV. Questi strumenti hanno consentito di distinguere ogni pennellata e capire meglio la stratificazione dell’opera, l’ordine in cui furono eseguiti i dipinti e le sostituzioni successive.

Lo studio approfondito ha permesso di creare anche un modello tridimensionale basato su scansioni laser della sala. Il modello serve come base documentale tecnica e per futuri interventi di monitoraggio e studio.

Il valore artistico e storico del ciclo pittorico recuperato

Il ciclo di affreschi, tornato visibile in tutte le sue componenti, è oggi un documento vivo che racconta, attraverso le immagini, il ruolo della chiesa e dei papi nel periodo di grandi cambiamenti religiosi, sociali e culturali. Si possono riconoscere le influenze e le istanze del Concilio di Trento, le riforme curiali e il clima della Controriforma. Da Leone X e Clemente VII fino a Gregorio XIII e Sisto V, ogni fase si traduce in scelte iconografiche precise, con riferimenti visivi agli eventi e alle figure del tempo.

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Fabrizio Biferali ha sottolineato come questo restauro consenta una lettura più nitida e immediata delle simbologie. La sala non è più un insieme di decorazioni danneggiate, ma un vero e proprio racconto figurativo che mette al centro la trasformazione religiosa e politica del Cinquecento romano.

Fabio Piacentini ha raccontato quanto la pulitura abbia restituito lucentezza alle cromie, spesso offuscate da ridipinture e sporco. Ha aggiunto che l’opera ritrovata mette in dialogo dopo secoli i maestri come Raffaello, Giulio Romano, Penni e Laureti. Da questo confronto emerge meglio la complessità del cantiere artistico dell’epoca e la cooperazione tra pittori d’avanguardia e botteghe consolidate.

L’importanza del contributo scientifico nei grandi restauri

La campagna diagnostica del Gabinetto di Ricerche Scientifiche ha fatto la differenza per capire la stratificazione storica e tecnica del ciclo di affreschi. Fabio Morresi ha illustrato come le immagini nate dalla riflettografia e dalle tecnologie infrarosse abbiano permesso di individuare precise differenze d’esecuzione nelle varie fasi storiche. Questi rilievi raccontano le scelte degli artisti e delle committenze, offrendo dati fondamentali per chi si occupa di conservazione.

L’uso di modelli tridimensionali basati su scansioni laser ha segnato un passo avanti nel modo di approcciare grandi cicli decorativi. Questo metodo, ormai applicato con successo al palinsesto di Costantino, favorisce una conservazione consapevole, controllata e aggiornata nel tempo, grazie a un dettaglio di misurazione che guarda al futuro.

Questa combinazione tra arte e tecnologia ha restituito nuova voce a uno dei grandi ambienti della pittura rinascimentale a Roma. Lo spazio ritrova il suo ruolo iconografico e narrativo e continua a essere meta d’attenzione per studiosi e visitatori, testimoniando il passaggio di molti secoli dalle mani sapienti di artisti e artigiani.

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