Un reperto straordinario è venuto alla luce nella grotta di Oblazowa, in Polonia: un boomerang lungo più di 70 centimetri, realizzato da una zanna di mammut. La sua analisi ha rimesso in discussione l’origine tradizionale di questo oggetto, ritenuto sino ad oggi esclusiva invenzione dei popoli aborigeni australiani. Il ritrovamento, risalente a più di 42.000 anni fa, è stato studiato in dettaglio dai ricercatori dell’università di Bologna, aprendo nuove prospettive sulla presenza e le capacità degli homo sapiens nelle prime fasi della loro espansione in Europa.
Il boomerang è stato recuperato nell’ambito di scavi archeologici nella grotta polacca di Oblazowa, sito noto per la sua ricchezza di reperti preistorici. La particolare forma dell’oggetto e il materiale di cui è composto – una zanna di mammut – lo rendono unico. Le analisi condotte dai laboratori dell’Alma Mater hanno sfruttato la datazione al radiocarbonio, portando alla luce che questo strumento risale a oltre 42.000 anni fa. Questa età è significativamente più antica rispetto a tutti gli altri boomerang finora conosciuti, soprattutto quelli provenienti dall’Australia, che erano stati fino a oggi considerati i più antichi.
L’esame ha richiesto una serie di misurazioni precise, per confermare la cronologia e per evitare possibili contaminazioni. Gli studiosi hanno sottolineato come il boomerang rappresenti il più antico oggetto di questo tipo in Europa e forse nel mondo. La scoperta è riuscita a ridisegnare una parte della storia degli strumenti preistorici, dimostrando che già i primi homo sapiens in Europa avevano raggiunto livelli complessi di progettazione tecnica. La conservazione dell’oggetto ha permesso di approfondire anche aspetti tecnici e costruttivi, rivelando capacità manuali e progettuali elevate per un’epoca così remota.
Gli studiosi dell’università di Bologna, e più precisamente il dipartimento di chimica, hanno evidenziato come il boomerang non sia solo un semplice strumento, ma anche un oggetto simbolico, associato probabilmente a pratiche culturali complesse. Sahra Talamo, docente e direttrice del laboratorio coinvolto nell’analisi, ha evidenziato che “questo reperto testimonia una sofisticazione cognitiva sviluppata nei primi sapiens europei.” Non sono solo la tecnica o la forma a stupire, ma il pensiero simbolico che ha guidato la sua creazione e conservazione.
Il boomerang era probabilmente parte di un contesto rituale o sciamanico, dato che nella grotta sono stati ritrovati anche altri oggetti in avorio e resti di animali insieme a una falange umana, presumibilmente di homo sapiens. Questi elementi suggeriscono un uso che andava oltre la funzione pratica. La combinazione di elementi lascia immaginare l’esistenza di forme di comunicazione e di pratica culturale che si svilupparono in Europa ben prima di quanto si pensasse fino a oggi.
Questa nuova prospettiva cambia la lettura tradizionale delle capacità dei primi sapiens e il modo in cui si sono inseriti nel contesto europeo, dove questa zona era stata considerata fino ad ora marginale. Il boomerang, dunque, è testimone di una traccia materiale che mostra livelli insospettati di sviluppo intellettuale e culturale in un momento chiave della storia umana.
Gli esperti dell’istituto di archeologia dell’università Jagellonica di Cracovia, con Pawel Valde Nowak in testa, hanno sottolineato l’unicità del boomerang di Oblazowa e l’importanza del suo stato di conservazione per compiere nuove esplorazioni storiche. Il reperto pone l’Europa centro-orientale sotto una luce diversa rispetto al passato, dove era vista più come una tappa marginale nello spostamento degli homo sapiens.
Ora si ipotizza un’occupazione più lunga e continuativa della grotta di Oblazowa rispetto a quanto si credeva, soprattutto in un periodo segnato da forti cambiamenti climatici. Questo rinnovato interesse mette in evidenza il ruolo di questa area geografica nella storia delle migrazioni umane, suggerendo che l’Europa centrale fosse uno snodo importante per la diffusione e l’adattamento degli esseri umani nel continente.
Le scoperte spingono a riflettere sull’interazione fra ambienti naturali e cultura umana primitiva, invitando a nuove ricerche con approcci multidisciplinari. L’abbinamento di conoscenze archeologiche, chimiche e culturali potrebbe portare a una riscrittura più precisa della storia, valorizzando anche regioni meno esplorate in passato.
Chi studia il Paleolitico europeo ora si ritrova a dover considerare un quadro più articolato, dove le tracce materiali mostrano che i primi sapiens non solo si sono insediati più presto di quanto si immaginava, ma hanno sviluppato forme di simbolismo e tecnologia avanzate in modo indipendente e sofisticato, anche lontano dai luoghi tradizionalmente ritenuti culle di queste invenzioni.
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