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Il film legend e la storia dei gemelli kray: violenza, potere e identità nella londra degli anni ’60

Legend, pellicola del 2015 scritta e diretta da Brian Helgeland, racconta la vita dei gemelli Kray, figure chiave della criminalità londinese negli anni Cinquanta e Sessanta. Il film prende spunto dal libro di John Pearson The Profession of Violence, pubblicato nel 1972, e mette in scena Tom Hardy nei panni di entrambi i fratelli, Ronnie e Reggie Kray, due dei gangster più famosi del Regno Unito. Il racconto mescola vicende di potere, violenza e legami fraterni in un contesto storico preciso, quello dell’East End di Londra.

Ascesa e discesa dei gemelli kray tra crimini e rapporti familiari

Il film segue l’ascesa criminale di Ronnie e Reggie Kray, due fratelli gemelli che hanno dominato la scena malavitosa londinese degli anni ‘60. Sin dall’inizio, si mostrano come figure ambigue, capaci di unirsi per costruire un impero fatto di attività illecite: estorsioni, racket, violenze e controllo del territorio. La loro famiglia e i legami personali giocano un ruolo significativo nel definire le loro azioni e tensioni interne.

La narrazione mostra come i Kray vivano ogni giorno immersi in un mondo fatto di scontri con la legge e rivalità con altri gruppi criminali. Ronnie si caratterizza come un uomo impulsivo e violento, spesso sopraffatto da crisi psicologiche, mentre Reggie rimane la figura più calma, quasi quella di un leader imprenditore del crimine. Entrambi fanno parte di un sistema che li porta lentamente, ma inesorabilmente, verso il declino. Il film sottolinea inoltre come il potere e la violenza consumino la loro stessa identità, trasformando i legami familiari in una condanna.

La costruzione mitica del crimine nel contesto del gangster movie britannico

Legend non si limita a raccontare fatti storici, ma aggiunge un livello narrativo che cerca di trasformare i gemelli Kray in figure leggendarie. Il film si inserisce nella tradizione del gangster movie britannico, dove la morale è spesso ambigua e i protagonisti non sono semplicemente buoni o cattivi. Questa ambivalenza si trasforma in una specie di mito moderno che mescola storia e mito, facendo emergere il crimine come simbolo identitario per una città e un’epoca.

Il regista costruisce un racconto dove la criminalità diventa racconto di potere e d’identità, rendendo i gemelli Kray quasi delle icone del submondo londinese. Si gioca molto su questa sovrapposizione tra cronaca reale e dimensione simbolica, creando una pellicola in cui la legge del più forte si combina con il destino irrimediabile dei due fratelli.

L’equilibrio narrativo tra biografia e dimensione soggettiva nel racconto di legend

Legend usa una struttura narrativa mista: da un lato segue passaggi precisi della vita dei Kray, dall’altro introduce elementi che richiamano una sorta di racconto tragico ed emotivo. La presenza della voce narrante di Frances Shea, moglie di Reggie Kray, aggiunge un punto di vista personale e lirico agli eventi, creando uno spazio narrativo che si allontana dalla semplice cronaca giudiziaria.

Questa scelta di inserire una prospettiva interna modula la percezione dello spettatore, che viene guidato a comprendere non solo le azioni criminali, ma anche il peso emotivo e le difficoltà personali vissute da chi sta vicino ai gangster. Il racconto si sposta così tra fatti concreti e momenti più intensi e quasi elegiaci, in cui emergono dubbi, amori e tradimenti.

Tom hardy e la doppia interpretazione che definisce i gemelli kray

Il cuore visivo e interpretativo di Legend sono le due performance di Tom Hardy, chiamato a vestire il ruolo di entrambi i fratelli. Hardy non si limita a differenziare i gemelli con gesti o modi di parlare, ma costruisce due personaggi profondamente distinti. Reggie appare come una figura pragmatica e carismatica, una mente fredda dietro al controllo del crimine, mentre Ronnie rappresenta l’alter ego instabile, mosso da paure e manie.

L’attore si muove su un terreno delicato, legato a film che hanno raccontato il doppio come The Prestige o Dead Ringers, riuscendo a creare un contrasto che funziona sia a livello psicologico sia emotivo. Questa doppia presenza di Hardy rende il legame tra i fratelli ancora più palpabile e tragico, accentuando la sensazione di un destino comune inevitabile.

La regia di brian helgeland tra virtuosismo visivo e tensione emotiva

La regia di Brian Helgeland alterna sequenze di grande mobilità a scene quasi statiche che imprimono un senso di angoscia. La fotografia di Dick Pope, con contrasti cromatici marcati, accompagna queste scelte: si passa da luci calde e ambientazioni raffinate durante i momenti in cui i Kray dominano la scena, a toni più freddi nei momenti della caduta. Le atmosfere variano in modo netto, dando una sensazione di salita e precipizio.

Il montaggio mantiene un ritmo calibrato, senza frenesia, che dice molto dell’evoluzione morale dei protagonisti. Questa alternanza tra splendore e rovina si traduce in un’estetica che fa dialogare il gangster movie tradizionale con un linguaggio che richiama la decadenza psicologica.

La londra degli anni ’60 come sfondo attivo e teatro del potere criminale

Il contesto urbano gioca un ruolo determinante nello svolgimento della storia. La Londra degli anni Sessanta non è semplice sfondo, ma un ambiente che contribuisce a definire la vicenda. Quartieri come Whitechapel, i locali come il club Esmeralda e gli intrecci con ambienti politici e mondani mostrano una città sospesa tra legalità apparente e controllo occulto.

Il film restituisce quest’epoca con cura per i dettagli e una certa attenzione sociale. La rappresentazione degli scontri tra il mondo criminale e quello istituzionale, così come il divario tra il glamour e la violenza nei bassifondi, compone un quadro realistico e duro. Il rapporto tra spazio urbano e narrato denuncia una lotta tra ordine e caos proprio nel cuore di Londra.

Tra fascino e ambiguità: l’estetica del male nei gemelli kray

La messa in scena a tratti rischia di esaltare la figura dei fratelli Kray, con momenti in cui il male sembra quasi sedurre. Questa scelta si inserisce lungo un filo sottile, perché Brian Helgeland mostra senza giudicare, lasciando che il carisma dei protagonisti si scolli dalla realtà per assumere un valore ambivalente. Non c’è redenzione, ma nemmeno definitiva condanna esplicita.

Questa ambiguità lascia spazio a domande sul modo in cui la società ricostruisce l’immagine del crimine e del potere. I Kray diventano figure simboliche a cui è difficile dare un’interpretazione univoca. Rimane chiaro come le loro azioni portino a conseguenze inevitabili. Il film espone un ritratto complesso; la seduzione del male è parte integrante della narrazione.

La tragedia del doppio: un’identità divisa in un mondo di violenza

Legend si configura come un’opera che più che raccontare pedissequamente una biografia crea un riflesso sul peso dell’identità e delle relazioni fraterne. La presenza dei gemelli rappresenta un meccanismo narrativo e psicologico forte: la loro unione diventa anche la causa della loro autodistruzione.

Il crimine nel film non è solo un’attività ma un linguaggio che definisce i personaggi e il territorio in cui si muovono. La tragica sorte dei Kray e il loro rapporto diretto e conflittuale rappresentano la difficoltà di sfuggire a un destino scritto a due. Chi conosce il gangster movie e chi si interessa alle dinamiche del potere troverà in Legend un campo di riflessione che va oltre le scene di violenza.

Clarissa Abile

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Clarissa Abile

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