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Stellantis presenta il nuovo piano strategico per il 2026, ma l’Italia affronta grandi sfide industriali

Stellantis si prepara a svelare il proprio piano strategico nel Capital Market Day all’inizio del 2026. A guidare il gruppo è Antonio Filosa, Ceo partenopeo che ha spiegato le difficoltà emerse nel primo semestre e gli obiettivi davanti a sé. Tuttavia, la realtà dei fatti indica segnali di sofferenza per i marchi italiani e un futuro incerto per diversi stabilimenti nel nostro Paese. Scopriamo i dettagli emersi finora e le scelte che stanno segnando una fase delicata per l’industria automobilistica italiana.

Il piano strategico di stellantis e le premesse finanziarie con il ceo filosa

Nel corso della conference call del 29 luglio con gli analisti, Antonio Filosa ha anticipato che il gruppo presenterà il nuovo piano strategico all’inizio del prossimo anno durante il Capital Market Day. L’attuale semestre è stato definito “incredibilmente difficile” e lontano dai risultati sperati, ma con un leggero miglioramento rispetto alla seconda metà del 2024. La guidance finanziaria, sospesa a fine aprile a causa delle incertezze sui dazi americani, è stata ripristinata e verrà rispettata sulla base dei risultati semestrali.

Nonostante la negatività del primo semestre, Stellantis intende portare avanti con concretezza gli obiettivi di crescita; tuttavia, la crisi appare evidente nei numeri e nelle previsioni. Sono stati annunciati dieci nuovi modelli per il 2025, nessuno dei quali però coinvolge direttamente lo stabilimento di Cassino. Il rischio di un ridimensionamento industriale in Italia si fa così sempre più pressante.

L’assenza preoccupante dei marchi italiani nelle nuove produzioni

Il piano prodotto per il 2025 prevede tre modelli su piattaforma Stla Medium, utilizzati per Jeep Compass, Citroën C5 Aircross e Ds N°8, ma nessuno viene realizzato a Cassino, dove si lavora sulla piattaforma Stla Large. Nei primi sei mesi del 2025 sono usciti modelli come Citroën C3 Aircross, Opel/Vauxhall Frontera e Fiat Grande Panda, però questa Fiat è prodotta in Serbia e l’Alfa Romeo Junior viene assemblata in Polonia.

Il marchio Fiat italiano appare ormai una presenza solo nominale, dato che i prodotti reali risultano derivati quasi al 100% dal design e dalla tecnologia Peugeot. Questo allontanamento riflette un progressivo svuotamento della produzione e del valore aggiunto italiano all’interno del gruppo Stellantis. Il futuro produttivo del Piemonte e del Lazio resta incerto, mentre i modelli con marchio italiano rimangono esili e sempre meno riconoscibili come italiani.

Bilanci in perdita e stop programmato alle motorizzazioni tradizionali

I conti semestrali mostrano un possibile rosso netto pari a 2,3 miliardi di euro, con un impatto di 300 milioni originato dai dazi Usa. Il fatturato previsto per l’anno si ferma a 74,3 miliardi, con un calo del 12,6% rispetto al 2024. La vendita di veicoli si è ridotta del 6% nel secondo trimestre, attestandosi intorno a 1,4 milioni di unità.

Sul piano tecnologico Stellantis conferma un taglio netto: il diesel verrà eliminato da novembre 2025, mentre le vetture a benzina spariranno del tutto entro fine 2026. Tutti i motori saranno ormai prodotti esclusivamente in Francia e costruiti per i singoli marchi del gruppo. La transizione all’elettrico è senza ritorno, stabilita nel segno di una scelta che modifica radicalmente l’identità produttiva del gruppo. Alla luce di queste scelte, Filosa ha parlato apertamente di decisioni difficili necessarie per la redditività futura.

Il destino degli stabilimenti italiani puntato dall’aggiornamento del piano industriale

Il futuro degli impianti italiani appare legato a doppio filo all’aggiornamento del piano industriale di Stellantis, previsto nel 2026, e al cosiddetto Piano Italia, che riguarda in particolare fabbriche e marchi nel nostro paese. Anche se il responsabile Europa Jean Philippe Imparato a fine 2024 aveva fornito qualche indicazione sul percorso, molte decisioni restano in sospeso.

Gli osservatori sottolineano la complessità derivante dall’eccesso di marchi simili nel gruppo e la convenienza economica, che potrebbe portare a tagli sulle linee meno performanti, spesso italiane, a vantaggio dei marchi francesi. Lo sviluppo di nuove strategie appare necessario ma rischia di penalizzare pesantemente la presenza produttiva nazionale, già ridotta. Le incertezze aumentano in particolare per lo stabilimento di Cassino.

Il tracollo di maserati tra vendite in calo e mancanza di un rilancio

Tra i marchi di prestigio è Maserati quello che più mostra segnali di crisi. Prodotta in poche unità anche a Cassino con la Grecale, Maserati ha subìto una caduta significativa nelle vendite. Nei primi sei mesi del 2025 sono state vendute 4.328 auto, contro 6.324 dello stesso periodo del 2024 e addirittura 9.194 nel 2023. Il calo raggiunge il 32% in un anno, seguendo un trend negativo che dura ormai da due anni.

Il fatturato del brand ha perso il 72% in 24 mesi e Maserati ha registrato una perdita di 139 milioni solo nel primo trimestre 2025. Il piano per il rilancio dei modelli era atteso prima a febbraio, poi rinviato a giugno, ma al momento non c’è notizia di novità. Il risultato è una percezione di disinteresse da parte di Stellantis verso un marchio che ha rappresentato il lusso italiano nel mondo, ormai ridotto a un peso marginale nel gruppo.

La trama della deindustrializzazione italiana e le sue conseguenze

La situazione di Stellantis è solo uno degli esempi più evidenti del declino delle grandi aziende italiane più rilevanti. La vendita di Iveco agli indiani di Tata, insieme alla frammentazione di Magneti Marelli affidata ai fondi americani, segnano una perdita ulteriore nell’asset industriale nazionale. L’Italia, che alla metà degli anni ’80 era la quarta potenza mondiale nell’industria, si è trovata in una spirale di smembramenti e svendite, che ha fatto calare inesorabilmente la sua capacità produttiva.

Il processo, iniziato con ordini imposti dall’estero nei primi anni ’90, ha portato a difficoltà crescenti e a un depauperamento del know-how industriale. Posti di lavoro e imprese sono stati sacrificati in questo lungo declino. In alcune fabbriche italiane, come quella di Piedimonte, si sono limitati a riverniciare insegne storiche di Alfa Romeo e Maserati, per mantenere un’apparenza che ormai non rispecchia più la realtà produttiva.

Monica Ghilocci

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