Il film Albatross porta sul grande schermo la storia di Almerigo Grilz, primo inviato di guerra italiano morto in azione dopo la seconda guerra mondiale. La pellicola, uscita nelle sale all’inizio del 2025, ricostruisce la vita di un giornalista noto per i suoi reportage realizzati anche per il Secolo d’Italia, testata che ha dedicato uno speciale in suo onore. La figura di Grilz, spesso dimenticata o avvolta da polemiche legate al suo passato politico, torna così al centro del dibattito pubblico grazie a questo omaggio cinematografico e giornalistico.
Almerigo Grilz nacque a Trieste e si affermò presto come uno dei primi inviati di guerra italiani dopo il 1945. Nel suo lavoro si spinse oltre i confini tradizionali del giornalismo, raccontando con coraggio e determinazione conflitti difficili e territori in tumulto. Il suo nome è legato soprattutto a reportage realizzati in aree di forte tensione, tra cui il Mozambico durante la guerra civile. Purtroppo, il 19 maggio 1987, Grilz venne ucciso proprio nel Mozambico mentre documentava il conflitto tra ribelli della RENAMO e forze governative del FRELIMO. Aveva 34 anni. Questa perdita segnò il mondo del giornalismo italiano e internazionale, sottolineando il prezzo alto che pagano gli inviati sul campo.
La sua carriera però fu complicata da un’ostilità politica che per anni ha oscurato la sua figura. Grilz fu militante del Fronte della Gioventù e dirigente del Movimento Sociale Italiano, fatti che ne condizionarono la memoria mediatica. Per lungo tempo, infatti, venne ignorato o dimenticato dalla stampa convenzionale. Oggi, grazie al film e agli sforzi di giornalisti che ne hanno conservato la storia, Grilz smette di essere un “inviato ignoto”. La sua eredità viene finalmente riconosciuta per il valore del suo lavoro e del suo sacrificio.
Il film Albatross, scritto e diretto da Giulio Base, ripercorre in modo dettagliato le tappe principali della vita di Almerigo Grilz. Base ha scelto un approccio che unisce narrazione cinematografica e profondità storica, cercando di mostrare anche le difficoltà legate all’ostilità ideologica verso il giornalista. Nel film il personaggio di Vito, interpretato da Giancarlo Giannini, prende ispirazione da Toni Capuozzo, collega e amico di Grilz, che da sempre ha difeso la necessità di mantenere vivo il ricordo di quel collega. Capuozzo ricorda Grilz come un professionista genuino, che ha saputo affermarsi in ambito internazionale con reportage nei media esteri.
Giulio Base, nell’intervista che accompagna lo speciale del Secolo d’Italia, ha definito Albatross un piccolo atto di coraggio, proprio perché racconta una figura “politica” e scomoda per alcuni ambienti. Il regista ha ribadito la volontà di proporre una riflessione sul rispetto e sulla normalizzazione della memoria storica: un invito a superare vecchie divisioni e a guardare la storia con uno sguardo più pacato. Base si è detto “partigiano della riconciliazione” e ha spiegato che il film è nato per cercare di abbattere pregiudizi e rimuovere ogni immagine negativa che ha accompagnato la figura di Grilz.
Almerigo Grilz, insieme ai colleghi Fausto Biloslavo e Gian Micalessin, fondò l’agenzia di stampa Albatross, che divenne un punto di riferimento per reportage originali e approfonditi. Quel gruppo di giornalisti italiani, soprannominati “Crazy Italians” nel mondo del giornalismo internazionale, seguiva una linea indipendente e fuori dai canoni tradizionali. Biloslavo e Micalessin ricordano con precisione gli sforzi compiuti da Grilz per integrare video, fotografia e scrittura.
Tra metà anni ’70 e ’80 Grilz anticipò pratiche multimediali usando cineprese super 8, macchine fotografiche e bloc notes, riuscendo a documentare con efficacia sia immagini che parole. Per andare in Mozambico riuscì a farsi finanziare dal MSI l’acquisto della cinepresa, strumento che gli permise di raccogliere materiale prezioso come filmati di cortei e congressi. Quel materiale ha oggi un valore di archivio importante e offre una testimonianza diretta dei momenti chiave della sua attività. L’agenzia Albatross continua oggi a rappresentare una pietra miliare per quel tipo di giornalismo sul campo che non cerca compromessi.
Il viaggio di Biloslavo e Micalessin in Mozambico nel 2025 ha richiamato l’attenzione sulla figura di Grilz e sul luogo in cui riposano le sue spoglie. Durante quella missione è stata posata una targa commemorativa sull’albero secolare sotto cui si trova il suo corpo. Questa iniziativa ha una valenza simbolica importante e testimonia l’affetto e il rispetto che colleghi e amici nutrono per un giornalista che non ha mai abbandonato il campo pur sapendo i rischi.
Il documentario “Missione Mozambico 2025”, incluso nello speciale del Secolo d’Italia, mostra immagini e racconti di quell’episodio. Il sopralluogo testimonia la volontà di mantenere vivo il ricordo di Grilz oltre i confini italiani. È un segnale chiaro che non si vuole più lasciare cadere nell’oblio chi ha messo la propria vita per raccontare la verità in zone di guerra. La sua storia torna così a essere raccontata e condivisa, non più solo dai pochi iniziati o specialisti ma anche da un pubblico più ampio.
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