L’indagine che ha portato a nove misure cautelari ha messo in luce un legame inquietante tra clan siciliani e gruppi criminali di Roma. La vittima è un imprenditore di Pomezia a cui sono state imposte cessioni immobiliari e sponsorizzazioni sotto pressione. Le autorità hanno scoperto una strategia unitaria di estorsione e intimidazione che ha travolto il tessuto economico locale.
Le misure cautelari e il contesto dell’operazione “assedio”
Questa mattina la Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito nove misure cautelari su ordine della Procura Distrettuale Antimafia di Roma. Sei persone sono finite in carcere, due ai domiciliari e una ha l’obbligo di firma. L’indagine, iniziata nel 2018, si è rivelata complessa e ha coinvolto figure legate a più gruppi criminali. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione aggravata in concorso.
L’operazione prende il nome di “assedio” proprio per simboleggiare la pressione criminale esercitata sull’imprenditore Emanuele Rossi, proprietario della Rossi Costruzioni Edili s.r.l. Rossi è stato costretto, secondo le accuse, a cedere tre immobili in via del Mare a Pomezia a prezzi ridotti, corrispondenti a meno di 300mila euro. Le misure cautelari rappresentano un passo importante nell’individuare le dinamiche e la portata dell’attività criminosa.
Il ruolo della mafia siciliana e della criminalità romana nella strategia estorsiva
Stando agli accertamenti degli inquirenti, due gruppi criminali apparentemente avversi hanno stretto un’alleanza per tenere sotto controllo l’imprenditore. Da una parte, esponenti della mafia siciliana che offrivano “protezione”. Dall’altra, membri della criminalità organizzata romana che hanno puntato sulla violenza, con minacce, intimidazioni e anche colpi di arma da fuoco esplosi contro il cantiere in costruzione.
L’azione congiunta non era casuale ma coordinata per imporre un’estorsione mascherata da protezione. Il progetto era chiaro: costringere Rossi a vendere porzioni di proprietà a valori fortemente inferiori rispetto al mercato, consolidando così un controllo sul territorio. Gli spari al cantiere evidenziano la forte pressione fisica e psicologica cui l’imprenditore è stato sottoposto.
Questa sinergia criminale tra clan diversi evidenzia la capacità di superare divisioni geografiche e tradizionali per perseguire interessi comuni nell’ambito delle attività illecite. Le autorità hanno segnalato come questo tipo di alleanza renda le strategie di contrasto particolarmente difficili, complicando l’azione investigativa.
Sponsorizzazioni forzate e tentativo di mediazione mascherata da affari sportivi
L’estorsione si è estesa anche ad altri ambiti. Uno degli indagati, anch’egli imprenditore locale, ha assunto un ruolo di mediatore tra gruppi criminali e vittima. Per interrompere la catena di violenze, si è fatto firmare da Rossi due contratti di sponsorizzazione a beneficio di società sportive di Pomezia, una di basket e una di calcio, per un valore totale di 100mila euro.
Questi contratti, secondo l’accusa, non sono stati frutto di reale volontà commerciale, ma di coercizione. Il meccanismo messo in campo è quello di una negoziazione forzata, che ricade nell’ambito dell’estorsione mascherata. Il coinvolgimento di squadre sportive locali sottolinea come la pressione mafiosa possa colpire anche settori apparentemente distanti dalle attività criminali.
Il caso rappresenta una dinamica in cui la criminalità organizzata usa strumenti diversi per ottenere risorse e controllo, passando dalla violenza diretta a trattative camuffate, ma tutte accomunate da un rapporto di forza, imposizione e intimidazione.
L’impatto sull’economia locale e lo scenario giudiziario in corso
Le indagini, affidate alla Direzione Investigativa Antimafia di Roma, hanno dato un’immagine nitida di un’aggressione mafiosa diretta contro un pezzo di economia legale. L’intervento ha evidenziato modalità brutali e radicate infiltrazioni criminali. Gli effetti si sono riverberati sul tessuto socioeconomico di Pomezia e zone limitrofe.
Alcune posizioni processuali si sono già definite in primo grado con rito abbreviato; tuttavia, per altri imputati il procedimento continua. Nonostante l’avanzamento delle inchieste, resta fermo il principio della presunzione di innocenza finché non arriva una sentenza definitiva. Il caso dimostra le difficoltà nel condurre a termine processi legati a complessi intrecci tra diverse organizzazioni criminali.
L’azione della magistratura e delle forze dell’ordine punta a impedire ulteriori infiltrazioni e a restituire alle attività economiche locali la serenità e la libertà da condizionamenti criminali. Il quadro emerso segnala la pericolosità dei gruppi uniti dai propri interessi a scapito dell’ordine e della legittimità.