Negli ultimi 25 anni in Europa si sono registrati più di 4200 casi di echinococcosi alveolare, una malattia infettiva che si comporta come un tumore maligno, provocata dal parassita Echinococcus multilocularis. Questo verme, una piccola tenia, infetta principalmente volpi e piccoli roditori selvatici. L’uomo può contrarre la malattia attraverso il contatto diretto con le uova del parassita, ingerendo cibo o acqua contaminati. Se non trattata, l’echinococcosi alveolare risulta fatalmente pericolosa.
Distribuzione geografica dei casi in europa con focus sugli epicentri
Quasi il 70% di tutti i casi confermati di echinococcosi alveolare è stato rilevato in Austria, Francia, Germania e Svizzera. Questi paesi rappresentano i principali focolai di infezione. Un altro 21% dei casi riguarda paesi come Lituania, Polonia e Slovacchia, che costituiscono l’altro grande centro di diffusione del parassita, particolarmente nelle regioni attorno ai Paesi Baltici.
L’Italia ha riportato pochi casi: solo 3 segnalazioni documentate nel 2023, di cui almeno uno acquisito in territorio nazionale. Questa bassa incidenza potrebbe nascondere una sottostima della reale diffusione. Nel periodo 2021-2023, la media europea dell’incidenza si attesta intorno a 0,12 casi ogni 100 mila abitanti, ma gli esperti sottolineano che molte infezioni potrebbero rimanere non diagnosticate o non segnalate. La presenza degli epicentri vicino alle Alpi e nei Paesi Baltici indica un’espansione del parassita dove la convivenza tra fauna selvatica e attività umane favorisce la trasmissione all’uomo.
Come si trasmette l’echinococcosi alveolare e i rischi connessi
L’echinococcosi alveolare deriva dall’ingestione accidentale di uova del parassita presenti nell’ambiente. Le uova vengono liberate principalmente dalle volpi infette attraverso le feci e possono contaminare il terreno, l’acqua e il cibo, soprattutto frutti di bosco, erbe e ortaggi raccolti in aree a rischio. I piccoli roditori svolgono il ruolo di ospiti intermedi, contribuendo al ciclo vitale del parassita, ma non trasmettono direttamente l’infezione all’uomo.
Le mani sporche, o l’ingestione di acqua non trattata, rappresentano vie frequenti di contagio. Una volta nell’organismo, il parassita si inserisce nel fegato e comincia a moltiplicarsi, raggiungendo altri organi in alcuni casi. La malattia si manifesta con sintomi aspecifici o tardivi, il che rende complicata una diagnosi precoce. Se non si interviene con terapie mediche tempestive, l’echinococcosi alveolare può causare danni gravi e porta spesso a morte.
Impatto clinico e sanitario dell’echinococcosi alveolare in europa
Questa malattia è paragonata a una neoplasia per via della crescita invasiva del parassita nei tessuti umani. Il trattamento richiede spesso cure a vita e può coinvolgere interventi chirurgici complessi, inclusi trapianti di fegato in casi estremi. La gestione della malattia comporta un impiego significativo di risorse sanitarie e un notevole carico psicologico per chi ne è affetto.
Il costo sociale e sanitario si fa sentire soprattutto nelle regioni dove le risorse mediche sono limitate o poco specializzate nella diagnosi e terapia di questa patologia. La difficoltà di accesso a cure specifiche può ridurre le possibilità di sopravvivenza e aumentare le complicazioni. Per questo motivo lo studio coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità raccomanda di potenziare la sorveglianza della malattia sia a livello umano che animale, inserendola in una strategia che guarda alla salute pubblica globale sotto l’approccio “One Health”.
Dati e strategie di sorveglianza per l’echinococcosi alveolare
Lo studio uscito su The Lancet Infectious Diseases rappresenta il primo tentativo multicentrico di mettere insieme dati epidemiologici sull’echinococcosi alveolare in Europa. Le rilevazioni indicano che la malattia si sta diffondendo in molti paesi dove il parassita è presente, con due aree principali protagoniste. Questa evidenza dovrebbe stimolare le autorità sanitarie a integrare sistemi di monitoraggio, migliorare la formazione del personale medico e sensibilizzare le popolazioni locali sui rischi.
Gli esperti propongono di ampliare le reti di sorveglianza che coinvolgono veterinari, medici, biologi e amministratori, per anticipare eventuali focolai e offrire una risposta rapida. La raccolta continua di dati certi può agevolare le decisioni sulla necessità di campagne di controllo della fauna selvatica, riduzione della contaminazione ambientale e prevenzione primaria, limitando così la trasmissione agli esseri umani.
Le coordinate da fissare per il futuro prossimo restano prima di tutto una diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato, sostenuti da un’efficace collaborazione internazionale seguendo il principio che salute umana, animale e ambiente sono strettamente connessi.